domenica 20 novembre 2011

Ora labora


È sete da sparo di grilletto.
In prima carrozza rintracciano la fase degli altoparlanti col naso.
Anticipano e anticipano e anticipano.
Lasciano nuove fessure nel tempo. Non faticano. Fendono le lame dei coltelli delle metafore che fendono l'aria.
Ecco il rotore della città che sale, ogni giorno finché Iddio ci dia qualcosa da bruciare in caldaia.
Ogni operoso va a posizionarsi nel suo spazio.
Ingranaggi fra ingranaggi. Fra prodotti di prodotti. Oggi come ieri.
Peccato ci sia la notte.
Non un cappello cada correndo dalla stazione.
Non attesa. Non ritardo. Il sistema deve.
Notiamo di essere il braccio che batte forte e instancabile con il nostro martello sull'acciaio rovente del tempo.
Plasmiamo noi prima di farci plasmare.
Inossidabili. Ciclici. Adamantini. Siamo il pane dei nostri cannoni.
Il fiato del ferro è dunque il nostro respiro.
Non è dato sapere se alcun pensiero ha mai invaso l'industria operosa.

giovedì 11 agosto 2011

Identificativo di fuga #14997#


La valigia che mi conteneva è esplosa.
Porto tutto con me in modo scellerato adesso.
Inseguo gente che insegue pazzi.
Fra i giorni dei mesi negli anni scelgo adesso.
Quando non do lezioni di lingua a messicani in fuga
è sicuramente notte e puoi trovarmi a dormire in metro,
chiedi di me ai semafori spenti.
Una ruota, che gira e si muove, veloce nel vortice che crea, è solo un punto intorpidito.
Non varrebbe la pena scendere, non è mai adatta la fermata, non c'è fermata, adesso.
Nel turbine di una mietitrice urbana la cicala elettronica salta e aggiorna l'elenco eventi.
L'uomo fermo alla fermata è, per me che vado, il vero passante, aspetta che qualcuno lo raccolga
e getti il suo futuro un po' più avanti, o forse soltanto indietro, molto indietro.
Tutti fissano il proprio punto, nella nebbia che esce dalle nostre menti, non riesco a vedere il mio vicino.
Lo spazio annullato, forse è troppo per noi...
Stasera a cena, fuori da un carcere di cartone, mangerò la luce dei lampioni.
Adesso, è ora di andare.