mercoledì 9 marzo 2016

Diomede Alpha



Un crollo.
Perfetto.

La limpida detonazione della galassia alle mie spalle.
Né soffi, né lamenti.
Neppure il bagliore della genesi.

Rivolgo lo sguardo verso il terzo sole.
Il 33 giri continua a masticare Planet caravan.

La valvola acustica segna il mio centosettantunesimo compleanno
sul calendario lunare di Kepler 452.
Ketamina doppia oggi.

Il collasso era la speranza, una volta.
La processione della materia informe, nello stomaco del buco nero.
“Marte 01, Diomede Alpha in orbita, mi ricevete?”
Ne ho dimenticato il senso.

Sono morto a metà di questa pagina
Il mio tempo non era il suo.  

Tavor


Non ci è dato sapere perché ci mastichiamo come foglie di coca, ogni notte prima di prendere sonno.
Nel serrare occhi carbonici o sprangare una palude, il teatro mistico e le danze pessime dei presenti. La combinazione di acidi che apre le porte ad un’anestesia inutile.
Fosse una morte veloce dimenticherei il perché e gli sforzi annessi.
Il pilastro più alto della terra sulle radici di uno sciocco se.
Un chilometro d’aria riempito di bestemmie. Forse il razzo partito adesso dal comò.
Ed aeroplani su navi dentro viaggi fra le stive di navicelle prima del mattino e mai come adesso gusterei un bicchiere di logica.
La parete scura davanti a me si infittisce, si chiude la maglia delle possibilità, diventa univoca.
Un sapore di rimpasto fissa il proprio ordine per un attimo, fosse un varco appena aperto, una via che non esiste.
Una marcia inesorabile, la cura spoglia ed ambigua, il tonfo a volte dietro il muro.
Galleggiano in bagno i semi di sequoia, nel liquido amniotico corroso e marcio.
Lo schiaffo, un ramo in testa, cavarsi gli occhi, un cenno allo specchio, lame sparse sul tavolo.
Inizia la notte.