mercoledì 4 settembre 2024

L'incendio del Forestry Building di Portland

 



Alte navate per ventidue metri.

Se cammini lungo la foresta dell'Oregon

non puoi aspettarti di trovare un tale rifugio.

Non fatto di tronchi. Non così grande.

Non così immensamente accogliente.


Il Forestry Building incantava da fuori ma anche da dentro. Non ci si credeva, quasi.

L'idea sola di riuscire a pensare questo strano tempio di legno non era balenata mai nella testa di nessun taglialegna della zona.


Pazienza. Lavoro.

E sudore e sangue e tagli e graffi.

Senza sosta. 

Ergere nella mente era ergere nel mondo.

Un'opera della natura, una natura solida,

posata, inamovibile.



Le chiese attorno erano piccole capanne

se paragonate al pesante e massiccio capanno dei giganti. 

Ma i giganti, si sa, non esistono.

I giganti abitano pensieri nevosi e freddi.


I due bambini, quella mattina, giocavano

dentro. Piccoli, insignificanti, dentro robuste mura forgiate coi secoli delle sequoie.

Soltanto la più piccola dei due non sapeva quale fosse la più incombente delle debolezze.


Così, senza pensarci troppo, accese un cerino dietro un angolo dove giocavano.

Nessuno si accorse di nulla.

Nessun fumo visibile in quella vastità sacra.

I grandi badavano ad altro.



Il fuoco dapprima si nascose bene.

Poi, quando seppe di poter uccidere il colosso, si mostrò nel suo ardore.

I bambini scapparono. Tutti corsero a vedere ma nessun secchio e nessuna pioggia avrebbe spento il dilaniarsi del tutto.

Non c'è uomo che potesse piangere abbastanza per fermare le fiamme.



Gli anziani raccontano di una montagna di cenere con attorno il bosco.

Una tomba silente dove riposa l'illusione, tutta umana, di poter costruire cattedrali eterne e impareggiabili.


Gli alberi in quella zona guardano ancora il cielo. Ricordano il fumo fino a notte.

Proteggono un segno di misericordia.

Un gioco di bambini. Un gioco da grandi.

Senza luci, nel rogo di un momento.