martedì 20 febbraio 2007

Esegesi di un arrivista


Che senso ha scalare una montagna per poi mormorare la propria verità? Come si potrebbe mai negare che il sadismo è una vendetta troppo finalistica e che troppe volte invidio il grigio che non potrò mai essere. Puttana, puttana la voce che ti soffia dentro e t'infonde l'ambiguo e l'indeterminato ideale concretizzarsi delle volontà altrui...e allora svilluppiamo orecchi che ingoino uccellini di giardino, nel dominio completo delle proprie facoltà ermeneutiche...saremo proiettili sottili e puliti, coerenti alla nostra modernità, sempre più allungati e poco ombrosi ma quando qualcosa colpisce dentro non si può prevedere il danno di una pistola dal suo calibro, non si possono adottare medesime unità di misure per pozzi pieni e mari le cui acque evaporano nel calore del loro essere inattuale. Ognuno non sarà mai ciò che pensa, o ioaltrui ma solamente ciò che riesce a costruire in un'ideale proiezione oggettiva, sfruttando linguaggio serbatoio della volontà, non accontentandosi nè di eroi nè di quel superuomo soggettivo che non riuscirà mai nemmeno a far diventare un'emozione atto puro. La morale è una tinta per capelli per gente ormai povera e daltonica, così che il più grave atto compiuto dal male fu quello di dire che il male non esiste e tutti compreso i duri padri e le pudiche madri non fecero altro che accettare il negativo concesso per ridefinire l'anima della loro prole fino al triste mondo istrionico che considera il soffitto della propria camera come il proprio cielo, schiaffeggiando il sistema ma pagandolo per non morire e non rischiare di diventare il tetro alienato spettacolo di vicoli di periferia. Se le accuse portano i pozzi pieni a voler diventare laghi,oceani o mari non basterà molto a vedere come in realtà la propria acqua toccherà irrisoriamente le presunte superfici ipoteticamente appartenenti a questi moderni cilindri di ideologie e coerenze; dal proprio fondo non sai mai cosa uscirà e l'estetica creazione estemporanea attinta dall'io sarà solo un paragrafo di un capitolo mai studiato. Tre volte uscito fuori dalle illuse lusinghe,tre volte toccato dall'entità del trascendente,tre volte diversamente animato da sproporzionate diversità di profondità interiore, terzo di un creato terreno, sbagliato non curato, pianta selvaggia,odiata,denigrata,rinchiusa dentro se stessa, genuina iperbole del da sè. Terzo senso non negato di espressioni più volte oscuramente dibattute, tra chi conosce e apprende sè stesso e si rallegra, nell'atelier dell'edonismo o nel lieto sforzarsi di mordersi la coda, ognuno ,prego , scopra sè stesso e veda almeno che l'universale di ognuno è prioprio il sè medesimo che qualche volta potrebbe anche riflettere un po'.

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