È
necessario gettarsi nel buco,
spostare
il magnete alla base e tenersi sobri.
Recita
accorata l’avvertenza.
Captare
il baricentro della stanza,
tracciare
l’arco di silenzio fra sei trappole.
Abbandonare
momentaneamente la superficie.
Potevo
intonarla. Imitare la luce.
Fissarmi
i piedi.
Mentire.
Come
la geodetica, aspettare che la parete diventi soffitto.
Recitare
le mappe o ingoiarle.
Sentire
il passo lento del pianeta che ruota, la spinta che muove l’atmosfera.
Era
il caso di una telemetria accurata.
Il
sorriso del rabdomante,
intercetta
la cartografia che irradia la conversazione.
È
tutto qui.
La
porta è acida. Un braccio nero.
Un
lancio accurato.
Nadir.
Che
te ne fai degli occhi aperti?
Il
dado rotola.
Buonanotte.
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